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Rapporto fra assunzione di calcio e rischio fratture

Assunzione di calcio e rischio di fratture: un rapporto non lineare
Un graduale aumento dell'apporto di calcio in una popolazione femminile, dai livelli meno elevati a quelli più alti, non si associa a un'ulteriore riduzione del rischio fratturativo o di osteoporosi. È quanto emerge da uno studio longitudinale e prospettico condotto su una coorte di 61.433 donne svedesi seguite per 19 anni da Eva Warensjö, della sezione di Ortopedia dell'università di Uppsala, e collaboratori. L'outcome primario era costituito dalla comparsa di fratture incidenti di ogni tipo e di fratture d'anca, quello secondario dalla diagnosi di osteoporosi, ottenuta mediante assorbimetria a raggi X a doppia energia effettuata in una sottocoorte di 5.022 persone. Il regime alimentare, invece, era valutato mediante ripetuti questionari sulla frequenza di consumo dei cibi. Durante il follow-up, il 24% delle donne (n=14.738) ha subito una prima frattura di ogni tipo e, tra queste, il 6% (n=3.871) una prima frattura d'anca. All'interno della sottocoorte, il 20% delle donne (n=1.012) ha ricevuto diagnosi di osteoporosi. Il pattern di rischio non è risultato lineare con l'apporto di calcio. Il tasso crudo di prima frattura di ogni tipo è stato di 17,2/1.000 anni-persona a rischio nel quintile inferiore di assunzione di calcio, e di 14,0/1.000 anni-persona a rischio nel terzo quintile, corrispondente a un hazard ratio (Hr) aggiustato multivariato di 1,18. L'Hr per una prima frattura d'anca è risultata di 1,29 e l'odds ratio per osteoporosi di 1,47. Con un basso intake di vitamina D il tasso di frattura nel primo quintile di calcio era più pronunciato, mentre il quintile più elevato di assunzione di calcio non riduceva ulteriormente il rischio di frattura di ogni tipo, o di osteoporosi, ma era associato a un tasso superiore di frattura d'anca (Hr: 1,19).
BMJ, 2011; 342:d1473



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