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CASO CLINICO

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Lesione bi-localizzata del Semitendinoso da trauma distrattivo.      
                                                                          

 A cura di Filippo Luciano Dr. Venuto


Premessa

Il Muscolo Scheletrico
Dal punto di vista anatomo/fisiologico muscolo viene considerato come il risultato della cooperazione sinergica di due differenti linee cellulari: le fibrocellule muscolari striate e il tessuto connettivo di sostegno di origine mesenchimale, entro il quale avviene la miogenesi embrionale e che determina la forma e il tipo di muscolo, comprese le dimensioni, le zone di inserzione e la funzione. L'unità funzionale fondamentale è la fibrocellula muscolare striata; gruppi di miofibre si organizzano a formare "fascicoli" che si aggregano a costituire il ventre muscolare; una membrana basale avvolge le miofibre (endomisio) e una guaina connettivale più densa di fibrille collagene ricopre i fascicoli (perimisio). L'epimisio, membrana connettivale più spessa, avvolge l'intero ventre muscolare ed è in diretta contiguità con la fascia profonda. Nel muscolo  striato vi sono due tipi di fibre: lente (tipo I o rosse) e veloci (tipo II o bianche).
Le fibre di tipo I, con tempo di contrazione lenta e con molte fibre per unità motoria, sono rosse in quanto ricche di mioglobina, sostanza che trasporta l'ossigeno dalla periferia della cellula fino ai mitocondri (particolarmente abbondanti in questo tipo di fibre): per questo motivo esse sono particolarmente idonee a produrre energia con i meccanismi aerobici che, nell'attività sportiva si traduce in predisposizione ad attività di resistenza.
Le fibre di tipo II hanno invece un tempo di contrazione rapido e un minor numero di fibre per unità motoria, sono bianche, contengono meno mioglobina e sono più ricche di enzimi che permettono di produrre energia anaerobicamente (senza utilizzazione di ossigeno): adatte alla specialità di forza e potenza, sono ulteriormente divise in tipo II a e II b. Quando un muscolo si contrae le differenti fibre sono attivate in sequenza:
tipo I, seguite dal tipo II a e infine dal tipo II b.
I muscoli nell'essere  umano sono misti; le percentuali rispettivamente di fibre di tipo I e di tipo II sono determinate geneticamente; tuttavia l'allenamento, specie nel corso della crescita, può favorire lo sviluppo  di un tipo di fibra e quindi la specializzazione verso un tipo specifico di specialità sportiva (fondo o velocità).

Le Lesioni Muscolari
Le lesioni muscolari da trauma acuto da sport, sono eventi molto frequenti in tutte le discipline sportive (rappresentano circa il 25% degli eventi traumatici) , così come spesso sono inadeguadamente trattate, anche in ambienti professionistici, soprattutto perchè sovente sottostimate dallo stesso atleta che prosegue la sua attività senza richiedere accertamenti o visite mediche. Dal punto di vista eziopatogenetico si distinguono lesioni da  Trauma Diretto e da Trauma Indiretto. Esistono comunque dei fattori  predisponenti che vanno  da una non predisposizione al lavoro muscolare intenso per imperfetta preparazione o inadeguato riscaldamento all'aumentata tensione muscolare, al tipo di sport, all'esposizione alle intemperie, all'abbigliamento e/o al terreno, alla predisposizione genetica; ma al primo posto sta il fatto di aver subito una infortunio precedente. Tale situazione infatti aumenta di molto  il rischio di re-infortunio.

Nel trauma diretto è un agente esterno a provocare la lesione (un contatto, una caduta), provocando una rottura di un certo numero di fibre muscolari. Tanto maggiore e’ l’energia del trauma, maggiore sara’ la lesione muscolare. Quando si rompe una fibra muscolare, vi e’  quasi sempre, uno stravaso ematico nelle zone circostanti alla lesione (ematoma) che non e’ sempre visibile dall’esterno in quanto generalmente si raccoglie negli strati piu’ profondi.
Nei piu’ frequenti traumi indiretti, e’ il paziente stesso a provocare la lesione: situazioni di ipertono muscolare, contrazioni troppo rapide e/o improvvise, movimento estremo dell’arto, metodiche di allenamento sportivo sbagliate, possono provocare tali lesioni  e, a seconda dell’entità del danno anatomico, avremo una Contrattura,
uno Stiramento o Elongazione, oppure una Distrazione di 1°, 2°, 3° grado.
i sintomi variano a seconda dell’entità della lesione;
Nel trauma diretto l’atleta avverte un immediato e intenso dolore nella regione colpita, che si esacerba alla digitopressione; molte volte il paziente e’ costretto ad abbandonare subito la competizione sportiva.
Nella Contrattura, lo sportivo avverte un riferito “indurimento progressivo" del muscolo con una crescente affaticabilita’nella contrazione. In questo caso a volte, e’ possibile portare a termine la competizione sportiva.
Nello Stiramento invece, si assiste ad una sensazione di allungamento muscolare innaturale (elongazione), seguito da un’immediato dolore nella zona interessata; Lo sportivo,in questo caso, non e’ in grado di continuare.
La Distrazione Muscolare invece, che sia di 1°,2°,3° grado, e’ un evento traumatico sportivo grave e serio, che va affrontato il prima possibile; lo sportivo avverte una “frustata” dolorosa con immediata impotenza funzionale e spesso deve essere aiutato ad uscire dal campo.
I Muscoli Ischio-Crurali sono in assoluto i più frequentemente coinvolti nella patologia traumatica sportiva indiretta, dove la corsa e gli scatti sono o gesti atletici prediletti. Gli ischio-crurali sono muscoli bi-articolari in quanto si inseriscono prossimalmente al bacino e distalmente alla gamba e  agiscono di conseguenza  su  anca e ginocchio, risultando fondamentali nella corsa.

Essi rappresentano i  muscoli flessori del ginocchio ed estensori dell’anca e sono:
 
1) Il  muscolo Bicipite Femorale;
2) Il  muscolo Semitendinoso;
3) Il muscolo Semimembranoso.

Originano tutti dalla tuberosità ischiatica e dal legamento sacro/tuberoso e, raggiunto il ginocchio, delimitano la fossa poplitea nei due lati  superiori. Oltre a flettere il ginocchio, il bicipite è rotatore esterno della gamba in flessione, mentre gli altri due sono rotatori interni. La flessione non è però completa, cioè il calcagno non raggiunge i glutei se non forzando passivamente la gamba. Inoltre questi muscoli impediscono, se la gamba è estesa, di forzare l’elevazione dell’arto inferiore , oppure di flettere il tronco in avanti (non possono essere allungati oltre una certa misura). Durante la deambulazione questi muscoli coadiuvano il grande gluteo, impedendo la caduta del bacino in avanti. In superficie si trovano il bicipite femorale e il semitendinoso.

MUSCOLO BICIPITE FEMORALE
Origina con il suo capo lungo dalla tuberosità ischiatica (insieme al semitendinoso), con quello breve dal terzo medio dal labbro laterale della linea aspra. Si inserisce sulla testa del perone e sulla tibia.
E’ innervato dal nervo tibiale (capo lungo, L5-S2) e dal nervo peroniero comune (capo breve, L5-S1).

MUSCOLO SEMITENDINOSO
Origina dalla tuberosità ischiatica e si inserisce sulla tibia nella Zampa d’Oca dietro al tendine del Gracile.
E’ innervato dal nervo tibiale (L5 – S2). In profondità si trova il semimembranoso.

MUSCOLO SEMIMEMBRANOSO
Origina con un tendine lungo e piatto (da cui il nome) dalla tuberosità ischiatica. Il suo ventre muscolare delimita supero-medialmente la fossa poplitea. Termina con un tendine piuttosto complesso, che si divide in tre componenti: uno che termina sul condilo della tibia, una che passando sotto il legamento  collaterale del ginocchio arriva al margine superiore della tibia e una che passa sulla capsula articolare del ginocchio, posteriormente, per costituire il legamento popliteo obliquo che si porta al condilo laterale del femore.    E’ innervato dal nervo tibiale (L5 – S1).
La lesione degli ischio-crurali può avvenire in due momenti della corsa: nella decelerazione della gamba in estensione prima della fase di appoggio, o nella fase di spinta quando questi muscoli modificano la loro azione e  da stabilizzatori diventano coadiutori nell'estensione del ginocchio. Nella fase di decelerazione la lesione può conseguire a un troppo accentuato e improvviso allungamento passivo dei muscoli ischio-crurali, oppure ad una esagerata contrazione degli antagonisti, quando le resistenze di attrito alla distensione passiva degli agonisti diventano eccessive. Nella fase di spinta, la lesione può determinarsi allorquando i muscoli ischio-crurali si contraggono rapidamente da una situazione di completo rilasciamento e incontrano la resistenza di attrito determinata dal loro repentino cambiamento di forma e lunghezza. Il muscolo più frequentemente interessato alla lesione è il Bicipite Femorale, ma anche il Semitendinoso e il Semimembranoso non sono esenti. La conseguenza del danno è l'ematoma che può essere intermuscolare, intramuscolare o misto e, se la lesione non viene diagnosticata e trattata opportunamente, può avere una evoluzione anatomo/patologica e clinica sfavorevole. Il trattamento deve avvenire il più precocemente possibile in modo da limitare al massimo l'esito cicatriziale che rende il muscolo più debole, meno elastico e più esposto al re-infortunio.

Ematoma Intramuscolare
Il sanguinamento all'interno di un muscolo può essere causato da lacerazione o da contusione durante un trauma diretto; avviene all'interno della fascia e causa un aumento della pressione idrostatica intramuscolare che contrasta la circolazione sanguigna locale interrompendo o rallentando i normali processi rigenerativi successivi al danno tissutale.  La tumefazione persiste per le prime 48 ore, accompagnata da edema, dolore e impotenza funzionale. Il gonfiore può aumentare per il richiamo di liquidi dai tessuti circostanti per osmosi e il meccanismo di contrazione muscolare può essere completamente assente; Può crearsi una sindrome compartimentale acuta per aumento della pressione intracompartimentale.


Ematoma Intermuscolare
Se la fascia è lesa, il sanguinamento può localizzarsi tra due muscoli. La pressione locale, dopo un aumento temporaneo dovuto al sanguinamento, scende rapidamente e la tumefazione per la raccolta ematica compare a distanza (dopo 24 - 48 ore) secondo la gravità del trauma; non essendoci rapido aumento della pressione la tumefazione è temporanea e la funzione muscolare è recuperata rapidamente e, anche se è necessario un trattamento immediato, la guarigione è di solito completa.

Le lesioni  muscolari possono essere  Acute, SubAcute e Croniche
Le
Lesioni Acute provocate da un iper-allungamento o da un sovraccarico sono il risultato di forze intrinseche generate dall'atleta in quel determinato muscolo. Sono generalmente  localizzate superficialmente sul ventre muscolare o sulle giunzioni miotendinee all'origine o all'inserzione del muscolo stesso.

Si classificano in:
Indirette
- Elongazioni, senza soluzione di continuo delle fibrocellule muscolari;
- Lesioni Disttrattive di  I, II e III grado in cui si verificano rottura di fibre muscolari proporzionali al grado di lesione

Dirette
-  Lesioni conseguenti a trauma  che determina un brusco impatto del muscolo sul piano osseo sottostante con conseguente sanguinamento profondo.

Le
Lesioni Subacute sono soprattutto lesioni da sovraccarico eccentrico, caratteristici di specialità sportive  di lunga durata, colpendo quindi soprattutto i fondisti.

Le
Lesioni Croniche sono l'evoluzione di lesioni acute e subacute di notevole entità dove i processi di guarigione vengono ostacolati e/o rallentati e dove non si interviene con trattamenti terapeutici adeguati e tempestivi atti a rimuovere gli ostacoli al processo fisiologico di guarigione.

Le Elongazioni o
Stiramenti avvengono per sollecitazione eccessiva in allungamento del muscolo, dove ecograficamente si hanno modeste immagini ipoecogene essenzialmente alla periferia dei fasci muscolari; il dolore  immediato e vivo generalmente non impedisce il proseguimento dell'attività.
Vanno differenziate dalle Contratture Muscolari che sono contrazioni involontarie, dolorose e permanenti, localizzate su un muscolo in toto o su una parte di muscol e che si manifestano in genere  a distanza di tempo dalla prestazione; sono  generalmente bilaterali e simmetriche e la loro patogenesi è legata a edema globale del muscolo per raccolta di lattato (soprattutto nel lavoro anaerobico dove per sommazione di stimoli si ha produzione di discrete quantità di lattato che i meccanismi tampone,  costituiti dai bicarbonati, non riescono a neutralizzare) o di ammonio, che si accumula quando si esauriscono i depositi di glicogeno (utilizzati per la ri-sintesi di ATP da ADP, AMP e CP)  e che pertanto viene reintegrato dalla deaminazione delle proteine a partire dagli aminoacidi a catena ramificata, specialmente l'alanina (gluconeogenesi da sforzo estremo), e anche da altri processi biochimici.


Le
Distrazioni Muscolari, particolarmente frequenti in sport che richiedono una forza muscolare  esplosiva in un tempo breve (velocisti, calcio. salto, basball, tennis, ecc.).

La
Lesione di I Grado avviene per un allungamento eccessivo e brusco del muscolo o per un allungamento su un muscolo in conrtazione; la lesione comprende meno del  5% di rottura delle fibre muscolari. Ecograficamente si hanno piccole immagini ipoecogene di  2 - 3 cm, determinante un versamento con soluzione di continuità delle fibrocelluile e dello stroma connettivale si sostegno. Dal punto di vista sintomatologico si ha dolore improvviso e vivo che, secondo la sede interessata, può essere di tipo trafittivo (muscoli ischio-crurali) o crampiforme (muscolo rettofemorale) o contusivo (muscolo gemello mediale) che impedisce all'atleta di proseguire l'attività. All'esame clinico il muscolo è doloroso in toto, la mobilizzazione attiva del segmento muscolare è in parte limitata e la contrazione isometrica contro resistenza manuale risveglia il dolore. Ghiaccio e bendaggio compressivo è il trattamento nell'immediato. L'atleta viene messo a riposo relativo per 8 - 10 gg e dopo un'ecografia eseguita non prima di 24-48 ore, valutato il danno, si può iniziare con le prime terapie fisiche (Tecar Terapia, Ultrasuoni manuali, Magnetoterapia). Il ritorno in campo non prima di 10 - 15 gg previo test specifici  riguardo il dolore,  recupero della forza e della gestualità.

La
Lesione di II Grado corrisponde alla lesione sia di fibre che di fascicoli muscolari (rottura parziale del muscolo). Ecograficamente si verificano alterazioni strutturali ipoecogene più diffuse rispetto alla lesione di I grado, accompagnate da evetuali raccolte ematiche con rinforzo di parete psoteriore circondate da edema interzticiale delle fibre, interruzione e scompaginamento delle stesse. In caso di rottura della fascia si può  evidenziare una raccolta a"falda" tra due ventri muscolari. Dal punto di vista eziopatogenetico in danno si verifica  a seguito di contrazione muscolare intensa e violenta, in "accorciamento" o in "allungamento", con un deficit di controllo della fase di preparazione e "anticipazione" del movimento. Dal punto di vista sintomatologico il dolore è  trafittivo e intenso con immediata impotenza funzionale e impossibilità a proseguire la gara.
All'esame clinico il muscolo si presenta dolente in toto e la palpazione in un punto preciso risveglia dolore vivo, così come l'allungamento e la mobilizzazione attiva senza resistenza. Quando la lesione è superficiale è possibile palpare una tumefazione localizzata e dopo qualche giorno è possibile vedere, frequentemente in sede distale,  un'ecchimosi.
La terapia prevede nell'immediato ghiaccio e compressione per 20 minuti e arto in elevazione. In seguito viene concessa la posizione eretta e la deambulazione con canadesi senza caricare l'arto leso con compressione uniforme di tutto il muscolo interessato, comprese le inserzioni. La compressione immediata del muscolo è finalizzata, così come la crioterapia e il riposo, alla riduzione dello stravaso ematico e dell'edema interstiziale.
La
Lesione di III Grado corrisponde alla rottura muscolare, totale o sub-totale.
All'ecografia si valutano due regioni di alterata ecogenicità (retrazione dei due monconi muscolari) separate da una vasta zona anecogena (ematoma interposto e assenza di struttura muscolare); in questo tipo di lesione sono comprese anche quelle che avvengono alla giunzione miotendinea (es. disinzerzione miotendinea del muscolo gemello interno). Le circostanze in cui si verificano sono identiche a quelle per le lesioni di II grado, favorite perciò da  contrazioni più violente, a una minore resistenza muscolare legata a esaurimento, estrema fatica o impreparazione all'impatto. Il risultato è che si avrà ua impotenza funzionale  totale.

L' esame clinico  nell' immediato rileva una depressione caratteristica in sede di lesione, con perdita del tono del muscolo interessato.
La  terapia anche in questo caso prevede ghiaccio e compressione con immobilizzazione, controllando che i due capi della lesione siano il più vicino possibile, utilizzando anche docce gessate o tutori rigidi. L'atleta va portato in ospedale dove, con controllo ecografico seriato può venire posta l'indicazione al drenaggio o allo svuotamento chirurgico dell'ematoma ed eventualmente al trattamento chirurgico di miorrafia.
Diverse sono le correnti di pensiero circa l'eventualità di intervenire o meno chirurgicamente per lo svuotamento dell'ematoma :
le scuole scandinave, per esempio, sono favorevoli allo svuotamento chirurgico e alla sutura del tessuto muscolare o miotendineo lacerato nelle lesioni ove sia interessato più del 50% del tessuto. Più comunemente l'indicazione chirurgica nella fase acuta dell'ematoma è giustificata se si presume che sia stato leso un vaso arterioso e/o venoso importante e che la raccolta ematica sia tanto voluminosa e tesa da ischemizzare per dissezione i tessuti che la contengono o la cute; va anche valutato se il muscolo leso determina un'azione che non può essere vicariata da altri muscoli agonisti (per es. il muscolo gran pettorale dei lanciatori). La miorrafia però comporta in seguito una immobilizzazione prolungata che induce necessariamente una importante fibrosi retraente che può limitare la funzionalità futura del muscolo.

Diagnosi
La storia e la dinamica del trauma osservata da chi è fuori dal gioco o riferita dallo stesso paziente,  e le sensazioni avvertite da dopo l’evento, già  ci indirizzano ad una iniziale benche’ sommaria diagnosi.
I traumi muscolari di piccola o media entità  vengono diagnosticati con una certa precisione dall’ Ecografia MuscoloTendinea e, ancor meglio, dalla  Risonanza Magnetica (da eseguire non prima di 48 - 72 ore).
Nei traumi più estesi e/o nei distacchi muscolo – tendinei, la Risonanza Magnetica rimane l’esame principale.

Terapia
Dopo un trauma sportivo diretto o indiretto adottare nell’immediatezza i principi P.R.I.C.E. , ossia : Protezione, Riposo, Ghiaccio, Compressione, Elevazione  (Protection, Rest, Ice, Compression, Elevatione) dell’arto colpito.
La funzione del ghiaccio, è quella di limitare, attraverso il meccanismo di vasocostrizione, la fuoriuscita ematica dalle fibre muscolari e quindi di circoscrivere l’ematoma. L’applicazione  deve essere effettuata ad intermittenza (15 -20 min ogni ora) per non determinare un eccessivo raffreddamento della regione trattata e favorire una vasodilatazione riflessa ed esagerata,  rendendo inutile la temporanea  vasocostrizione che ci serve per ridurre la formazione di edema ed ematoma.  Se c'è dolore utilizzare gli antidolorifici evitando possiblimente gli anti infiammatori, sia steroidei che non-steroiodei (FANS), nei primi 3 giorni  in cui si ha una reazione infiammatoria utile e benefica che è indice di risposta immunitaria . La terapia che seguirà nei  giorni successivi sara’ effettuata a seconda della gravità della lesione. Nelle Lesioni di II Grado la terapia prevede nell'immediato ghiaccio e compressione per 20 minuti e arto in elevazione. In seguito viene concessa la posizione eretta e la deambulazione con canadesi senza caricare l'arto leso con compressione uniforme di tutto il muscolo interessato, comprese le inserzioni. La compressione immediata del muscolo è finalizzata, così come la crioterapia e il riposo, alla riduzione dello stravaso ematico e dell'edema interstiziale.
Il Bendaggio Compressivo deve essere attuato immediatamente, con materiali elastici, evitando accuratamente i bendaggi rigidi circolari che possono formare  iper-pressioni  localizzate dovute alle grinze della fasciatura, alla superficie del piano osseo, alla contemporanea pressione esercitata all'interno a opera dell'ematoma o a un bendaggio non superficialmente esteso in lunghezza, che possono  determinare un ostacolo al flusso venoso accentuando lo stravaso ematico e l'imbibizione tessutale.
Il Riposo, assoluto e relativo, ha durata variabile in rapporto alla estensione e alla sede di lesione muscolare e deve essere associato a un corretto atteggiamento dell'arto che permette al muscolo interessato il massimo grado di rilasciamento. E' stato  dimostrato che l'immobilizzazione favorisce e accelera la produzione di tessuto di granulazione che tuttavia, se mantenuta per troppo tempo, porta a scarsa organizzazione strutturale delle fibre rigenerate e a successiva formazione di tessuto cicatriziale. Pertanto, un'immediata immobilizzazione è necessaria per favorire la rigenerazione di tessuto muscolare e la formazione di tessuto di granulazione (necessario per formare l'impalcatura alla rigenerazione successiva); la mobilizzazione successiva deve  permettere una migliore organizzazione strutturale degli elementi rigenerativi e riparativi al fine di impedire che la riparazione fibrotico/cicatriziale determini aderenze fasciali con i muscoli circostanti e atrofia muscolare da non uso. In pratica il riposo assoluto va attuato da un minimo di 2 giorni a un massimo di 7 giorni per non avere conseguenze negative su un processo di riparazione funzionalmente efficace.
Dopo il periodo di immobilizzazione si inizia con cauti movimenti  di allungamento del muscolo interessato dalla lesione, attuati sempre al di sotto della soglia del dolore, per allungare la componente cicatriziale del tessuto riparativo neoformato, evitando che questo si interponga fra le fibre muscolari interrotte e impedisca il ripristino della continuità del ventre del muscolo leso a opera della miogenesi. Lo stress, se ben attuato,  aiuta ad orientare le fibre cicatriziali lungo l'asse maggiore del ventre muscolare quando  il tessuto connettivo cicatriziale si trova ancora in una fase plastica, ma meccanicamente resistente al fine di evitare retrazioni invalidanti dal punto di vista funzionale.
Per quel che concerne l’approccio con le Terapie Fisiche, si è ormai orientati ad iniziare il trattamento  piuttosto precocemente per evitare appunto quelle problematiche (talvolta serie), legate al fenomeno della Riparazione Fibrotica (cicatrice muscolare) o ancor più seria dell'Osteite Ossificante.  Nella prima fase, quando è ancora presente la fasciatura, si può iniziare con la Magnetoterapia, magari sottoforma di Campi Magnetici Pulsati, per poi passare, tolto il bendaggio, con una Terapia  Fisica Manuale Attiva, quale   la Tecar Terapia somministrata in Active Motion , che tra le terapie  fisiche attive è la piu’ accreditata; in mancanza possono essere somministrati   degli Ultrasuoni Pulsati  a Massaggio, iniziando con una basse e media potenza incrementabile progressivamente.
Per quanto riguarda la TecarTerapia si deve lavorare inizialmente in ipotermia, prevalentemente con  elettrodo Capacitivo per poi  progressivamente dosare la terapia col Capacitivo e/o Resistivo a seconda della risposta del paziente (importanza di TecarTerapista,  Medico o Fisioterapista,  esperto), associando, durante il trattamento Tecar, la giusta messa in tensione della struttura muscolare lesionata (Tecar Active Motion) , favorendo il giusto allineamento delle fibre muscolari in ricostruzione già dalle prime fasi della rigenerazione delle stesse. Il concetto delle terapie fisiche sta nel favorire il riassorbimento dell'ematoma e dell'edema interstiziale, creando micro-correnti nei liquidi extracellulari (flusso ionico nel caso della Tecar), o mediante l'azione vibrante meccanica (Ultrasuoni, Onde d’Urto), che alla fine si traducono in  un'azione vasodilatante sui capillari con il risultato del miglioramento del flusso ematico favorendo l’ossigenazione,  il drenaggio di sostanze tossiche e il richiamo di fattori di crescita, con il risultato di un potenziamento del metabolismo cellulare delle miocellule.
Il lavoro  di allungamento e ripristino dell'escursione articolare  verrà poi proseguito dal fisioterapista con terapie manuali, lavoro in acqua e riabilitazione attiva progressiva fino al recupero completo sia fisico che  psicologico dell'atleta.
Durante la prima fase, ma non prima di 10 - 12 giorni nelle lesioni di II grado,  può essere praticato un massaggio nelle zone prossimali o distali della lesione, allo scopo di migliorare la circolazione sia vasale che linfatica per accelerare il riassorbimento dell'edema e favorire il mio-rilassamento.
Nella fase iniziale dove è persistente lo stato infiammatorio/essudativo con  inibizione del  giusto ricambio di un processo ripartivo, dove quindi predomina l’edema e il dolore,  può essere utile un trattamento farmacologico locale (Mesoterapia Antalgica).
La Fase Riabilitativa  inizia dopo circa 7 giorni dalla lesione, con un potenziamento specifico del gruppo muscolare sinergico al muscolo leso: si eseguono esercizi isometrici sub-massimali (30 - 50 ripetizioni per 10 - 20 secondi di contrazione), esercizi isotonici con ripetizioni molto lente soprattutto nel lavoro eccentrico (all'inizio senza resistenze: 10 serie da 15 - 20 ripetizioni); più avanti gli esercizi vengono eseguiti contro resistenza massimale o con pesi crescenti (cavigliere da 1 a 5 kg) o con elastici, secondo coefficienti di elasticità progressiva (importanza dell'assistenza del terapista nell'esecuzione dell'esercizio che permette di regolare, con la resistenza manuale, l'intensità e la forza attiva attuabile in quel momento dall'atleta).
Viene poi ripresa la corsa lenta che segue il programma di potenziamento aumentando progressivamente la velocità, il ritmo, la frequenza e la difficoltà. Nelle lesioni dei muscoli della coscia le ripetute, per esempio, devono essere eseguite in frequenza evitando nei primi periodi di ripresa le sollecitazioni in allungamento, i salti, i balzi e lo sprint. Un programma di allenamento integrale è attuabile quando c'è il ripristino totale della funzione muscolare, completo movimento articolare e flessibiltà totale delle articolazioni adiacenti (stretching muscolare massimale senza dolore). Progressivamente si passa alla corsa più veloce e alle esercitazioni mirate sport/specifici. Le prime ripetute veloci vengono eseguite in lievi salite per diminuire l'ampiezza della falcata, passando da tutte le esercitazioni analitiche della corsa e rispettive andature (skip, corsa calciata, balzelli per i piedi, frenata, corsa indietro, corsa laterale, ecc.); viene valutata con attenzione particolare la tecnica di corsa e vengono rilevate eventuali asimmetrie del gesto tecnico tra i due arti.
Mediamente la lesione di II grado prevede una ripresa agonistica tra le 4  e le 10 settimane dal trauma, a seconda sicuramente del muscolo interessato, ma soprattutto a seconda del paziente (stato fisico e psichico) e del trattamento antalgico/riabilitativo effettuato.
In un ambiente professionistico, ma non solo, la ripresa dell’attività  sportiva agonistica (rientro in campo)  comunque deve essere valutata e accertata da un Team che dovrebbe comprendere Specialista Ortopedico, Medico dello Sport , Psicologo, e dai collaboratori Terapisti e Scienze Motorie, il tutto sicuramente dopo un attento esame clinico ed ecografico, ma soprattutto dopo aver valutato il paziente con test specifici che registrano la forza, la stabilità e la emotività dall'atleta.  
Recuperare la funzionalità della parte lesa non significa aver recuperato l'atleta per il rientro in campo  e  lo staff medico/fisioterapico deve mirare certamente al recupero del  completo gesto sportivo, ma soprattutto all' Idoneità alla Competizione nel suo complesso, cioè all' Atletizzazione.


CASO CLINICO

Paziente maschio, 30 anni, calciatore dilettante, ex semiprofessionista.

27.06.2012
Il paziente riferisce di trauma da sport  3 settimane  fa,  (giocando al calcio) con dolore improvviso alla regione postero/mediale della coscia dx  dopo uno scatto improvviso in virata a sinistra. Dopo qualche giorno eseguiva visita dove veniva consigliato ecografia che eseguiva dopo 7 giorni dal trauma, ove si  refertava: "... evidente irregolarità ecostrutturale di significato post traumatico recente dei ventri muscolari esaminati con lesione del tratto medio-prossimale sul versante postero-mediale con presenza di  falda da ematoma intramuscolare ed intrafasciale ... evidente edema ed imbibizione dei tessuti molli sottocutanei del tratto medio-distale della coscia con  presenza di  falda ed ematoma sottocutaneo ...".
Il paziente lamenta ancora dolore alla regione flessoria della coscia dx con carico sofferente.

E.O.:
Ematoma cutaneo e sottocutaneo in riassorbimento nella zona medio/distale posteriore della coscia dx; ematoma anche a livello della zampa d’oca dx.
Ipotonia della muscolatura ischio/crurale dx; dolore alla digitopressione alla regione medio/prossimale del ventre muscolare del Semitendinoso con flesso/estensione forzata limitata e  molto dolente.
Giro coscia dx (arto dominante) cm 48.00;  Giro coscia sx cm 48.5
Dolore max alla digitopressione secondo
Scala VAS:
sul Semitendinoso:  
8.8 di tipo diffuso,
alla Zampa d'oca:  
8.7 di tipo puntorio.



All'eco eseguita in estemporanea in  loco si evidenziavano ancora segni distrattivi a livello della regione medio/prossimale del Semitendinoso con falda a losanga di ematoma in fase di organizzazione di 25 mm x 9 mm ; alla regione della zampa d’oca si evidenziavano  segni  distrazione inserzionale associata a entesopatia  e borsite di media entità.
Negativi i test per il ginocchio.

       


Diagnosi:
Distrazione di II grado a livello del ventre muscolare medio/prossimale del Semitendinoso associata a distrazione inserzionale a livello della Zampa d’Oca caratterizzata da entesopatia  e borsite di media entità.

Si programma:

Nella
prima fase:  ciclo di TecarTerapia Active Motion + Mesoterapia Antalgica.
Nella
seconda fase:   completamento terapeutico  con  seduta intensiva  di Onde d’Urto Focali alla zampa d’oca a bassa/media energia.
Il tutto integrato a riabilitazione assistita e attiva con lavoro in acqua (idrokinesiterapia) ed esercizi con resistenza  elastica progressiva.

06.07.2012 – dopo le prime 4 sedute di TecarTerapia
… Ancora dolore alla flesso/estensione forzata e alla digitopressione  lungo la regione postero/mediale  e all'inserzione della zampa d'oca in modica ipotonia dei flessori …

13.07.2012 – dopo 8 sedute di Tecar Terapia + 2 sedute di Mesoterapia Antalgica
Recupero del giro-coscia e del tono muscolare dei flessori.
Scala VAS :
Alla digitopressione al ventre muscolare del Semitendinoso :
3.0
Alla Zampa d’Oca :
3.2
Si somministra trattamento di Onde d’Urto Focali alla regione della Zampa d’Oca.


Dopo 11 giorni e 8 sedute di Tecar Terapia + 2 sedute di Mesoterapia Antalgico
- da evidenziare la importante riduzione dell’ematoma e la iniziale ricomposizione delle miofibre -


20.07.2012
Ipotonia della muscolatura bicipitale femorale dx; modica dolenzia alla digitopressione alla regione medio/prossimale del ventre muscolare bicipitale con all'eco  modico esito cicatriziale del danno muscolare.
Modica limitazione estensoria degli hamstring; squatting bipodalico ++-, squatting monopodalico dx +--
Buona la forza flessoria, limitata l'estensione.
Scala VAS
Alla digitopressione al ventre muscolare del Semitendinoso:
0.2
Alla Zampa d’Oca :
0.2
Inizia fase riabilitativa gesto/specifica come da protocolli.

27.07.2012
Alla visita il paziente presenta buon recupero della forza di flesso/estensione dell’arto inferiore dx, della stabilità e dell’equilibrio, riferendo di aver eseguito abbastanza fedelmente il programma da me suggerito.

08.08.2012
Il paziente riferisce di non avere alcun disturbo e ha già ripreso la sua attività dilettantistica di calciatore, è stato inserito nella rosa per un torneo estivo dove  ha fatto il suo primo rientro in campo per 20 minuti di partita senza nessun problema.
In questo periodo sta integrando la gara agonistica con gli allenamenti oltre che sul campo anche in palestra con esercizi con elastici a catena cinetica aperta mantenendo l’instabilità e curando molto il lavoro di Core Stability.

30.11.2012
L’atleta  sta bene, ha ripreso a giocare in modo costante  nel  campionato dilettante con un’attività caratterizzata da  due allenamenti + una partita settimanale; segue abbastanza fedelmente  i consigli sulle  modalità dell’allenamento, dell’alimentazione e stile di vita, sul riscaldamento pre –partita e  defaticamento post-partita.

Considerazioni:
Il paziente alla prima visita (a 3 settimane dall’infortunio) era particolarmente sofferente con l’arto inferiore destro atteggiato in flessione,  instabile e insicuro alla deambulazione normale; incapace di eseguire lo squatting  monopodalico a dx sia per il dolore che per la sopraggiunta ipotonia  muscolare.
Dopo la visita e l’ecografia eseguita dal sottoscritto in estemporanea decidevo un trattamento terapeutico caratterizzato da una fase medica e una fase riabilitativa. La fase medica  aveva l’obiettivo di :
Ridurre il dolore, l’edema e l’ematoma, ancora presenti nonostante fossero passati oltre venti giorni dall’infortunio;
Stimolare la rigenerazione delle fibre muscolari nella giusta direzione evitando il più possibile l’esito cicatriziale.
Curare l’entesite sulla Zampa d’Oca
Ho programmato quindi un precoce  trattamento medico antalgico/riabilitativo con
TecarTerapia e Mesoterapia Antalgica e un successivo trattamento con Onde d’Urto Focalizzate sulla Zampa d’Oca.
Il trattamento Tecar  era caratterizzato da sedute di 30 minuti comprendenti una prima fase di 10 minuti Capacitiva, in ipotermia nei primi trattamenti; una seconda fase Resistiva di 12 minuti, anch’essa in ipotermia nelle prime sedute, ma in  questa fase, durante il trattamento Tecar (Active Motion) facevo lavorare attivamente gli hamstring in allungo cercando sia il recupero dell’estensione che lo stimolo alla rigenerazione in longitudinale delle fibre muscolari lesionate; la terza fase di circa 8 minuti Capacitiva, sempre in ipotermia nelle prime sedute,  era caratterizzata da massaggio drenante sia a livello popliteo che a livello ischio/crurale. Il massaggio Tecar col Capacitivo  veniva distribuito lungo tutto il Semitendinoso focalizzando il lavoro manuale soprattutto  sulle zone lesionate, ventrale e distale alla zampa d’oca. Veniva favorita l’azione drenante col Capacitivo, mentre col Resistivo, si facevano lavorare, sempre in modo attivo e contro-resistenza, i flessori, favorendo un’azione di stimolo  lungo le fibre muscolari lesionate.
La
Mesoterapia veniva effettuata soprattutto sulla zampa d’oca, utilizzando farmaci ad azione anti-edemigena  e anti-infiammatoria, con l’effetto di ridurre l’edema, e quindi l’infiammazione ormai diventata dannosa dopo oltre 20 giorni, e quindi il dolore, permettendo un migliore lavoro fisioterapico/riabilitativo.
Sono state somministrate 8 sedute di TecarTerapia, (4 la prima settimana e quattro la seconda settimana) e 2 sedute di Mesoterapia, 1 la settimana.
Sulla Zampa d’Oca alla fine del trattamento (alla terza settimana) veniva somministrata seduta unica intensiva  di Onde d’Urto Focalizzate  a bassa/media energia (1600 colpi  a  0,18 mJ/mmq ) allo scopo di stimolare una rigenerazione naturale dell’entesi apparsa  all’eco ispessita, edematosa e scompaginata.
Durante le due settimane di terapia il paziente veniva istruito ad eseguire, la prima settimana,  esercizi a domicilio con l’aiuto di elastici per il recupero dell’estensione, pedane instabili e lavoro in acqua (piscina); la seconda settimana iniziava la cyclette a sella alta e tapin roulant, il tutto correlato e integrato con esercizi di Core  Stability.
Alla terza settimana, scomparso il dolore, iniziava la camminata veloce in linea retta, integrata con breve corsa, senza scatti e/o frenate,  e  ginnastica a terra.
Alla quarta settimana integrava il recupero con esercizi sport specifici inserendo progressivamente scatti, movimenti laterali, salti, balzelli, cambi di direzione, cadute, contatti.
Il rientro in campo progressivo avveniva come programmato a 30 giorni dall’inizio del trattamento.


                                                                                                                                    
Filippo Luciano Dr. Venuto
                                                                                                                 Medico Ortopedico




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