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Inibire renina non riduce mortalità in scompenso ...

Inibire la renina non riduce la mortalità nello scompenso acuto
Il ricovero per scompenso cardiaco rappresenta un importante problema sanitario, gravato da frequenti ritorni in ospedale dopo la dimissione. Per verificare se, in aggiunta alla terapia standard, l’inibitore diretto della renina aliskiren sia in grado di ridurre le ricadute, è stato messo a punto il trial randomizzato Astronaut, coordinato da Mihai Gheorghiade della Northwestern University di Chicago, in Illinois. I risultati, pubblicati su Jama, sono stati deludenti: malgrado le permesse, tra i pazienti con scompenso e con una ridotta frazione di eiezione ventricolare sinistra, l'aggiunta di questo farmaco non riduce il numero di ritorni in ospedale a 6 e 12 mesi. «Da lungo tempo l'inibizione del sistema renina-angiotensina-aldosterone (Raas) è considerata una pratica salvavita, e tutte le maggiori linee guida raccomandano gli Ace inibitori, i bloccanti dei recettori per l'angiotensina II (Arbs) e gli antagonisti dei recettori per i mineralcorticoidi. Benché i benefici di questa combinazione siano certi, tali farmaci provocano un aumento compensatorio della renina e una riduzione dei mediatori del sistema Raas, cose che possono in parte ridurre i benefici del blocco» spiega Gheorghiade. Gli inibitori diretti della renina rappresentano una categoria farmacologica a se stante rispetto al blocco del sistema Raas. aliskiren è uno di questi: è attivo per via orale e ha dimostrato un profilo emodinamico e neurormonale favorevole nei pazienti scompensati. «Malgrado terapie di dimostrata efficacia, i pazienti ricoverati per scompenso cardiaco hanno una mortalità post-dimissione e un tasso di nuovi ricoveri pari al 15% a 60 giorni e al 30% a 90 giorni. L'unica spiegazione fisiologica è che il blocco di Raas con le cure attuali risulti incompleto» continua l'esperto. Lo studio Astronaut ha reclutato pazienti in scompenso stabilizzati, mediamente al quinto giorno di ricovero, in 316 ospedali del Nord e Sud America e in Asia, tra maggio 2009 e dicembre 2011. Il follow-up si è chiuso nel luglio 2012. 808 pazienti hanno ricevuto da 150 a 300 mg di aliskiren al giorno, mentre a 807 soggetti è stato dato placebo. Al momento della randomizzazione i pazienti erano in trattamento con diuretici (95,9%), beta-bloccanti (82,5%), Ace inibitori o Arbs (84,2%), inibitori dei mineral-corticoidi (57%). L'età media era di 65 anni. In tutto, il 24,9% dei pazienti con aliskiren e il 26,5% di quelli sotto placebo ha manifestato un endpoint primario a 6 mesi (morte per cause cardiovascolari o riammissione in ospedale). A 12 mesi, il tasso di eventi era del 35% nel gruppo trattato e del 37,3% nel gruppo placebo. Le differenze non sono significative. Durante il follow-up (da 0 a 31 mesi), il tasso di ricoveri totale nel gruppo trattato è stato del 48,1% e del 49,1% nel gruppo placebo. I ricercatori hanno anche verificato che il tasso di iperkaliemia, ipotensione e insufficienza renale era più elevato nel gruppo aliskiren rispetto al gruppo placebo. «Lo studio Astronaut non supporta l'uso di aliskiren di routine nel paziente ricoverato per scompenso» conclude l'autore. E aggiunge: «Particolare attenzione va posta ai diabetici, sottogruppo che già in studi precedenti mostrava esiti negativi con l'uso di questo farmaco».
JAMA. 2013 Mar 11:1-11

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