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Claritromicina cura Bpco, ma forse rischia il cuore

Claritromicina cura Bpco, ma forse mette a rischio il cuore
L'uso della claritromicina nella cura delle riacutizzazioni da broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) o delle polmoniti acquisite in comunità (Cap) si associa a un’aumentata frequenza di eventi cardiovascolari. «Questi risultati, tuttavia, richiedono ulteriori conferme» sottolinea Stuart Schembri, pneumologo del Ninewells hospital di Dundee, nel Regno Unito, e primo autore di uno studio prospettico sull’argomento appena pubblicato dal British medical journal. «La claritromicina è un antibiotico appartenente alla famiglia dei macrolidi, comunemente usato nelle infezioni delle basse vie respiratorie, tra cui Cap e riacutizzazioni da Bpco riprende Schembri, spiegando che da ricerche precedenti emerge che l’antibiotico potrebbe aumentare il rischio di disturbi cardiaci come scompenso, aritmie, infarto, angina e morte cardiaca improvvisa. Per chiarire l’argomento, i ricercatori britannici hanno analizzato in maniera prospettica i dati di due popolazioni: circa 1.300 pazienti con riacutizzazioni di Bpco (Aecopd) e circa 1.600 con Cap. Nell’arco di un anno si sono verificati 268 eventi cardiovascolari tra i soggetti con Aecopd e 171 nella coorte con Cap. Ma non è tutto: il 26% dei pazienti con Aecopd  trattati con claritromicina hanno avuto almeno un problema di cuore durante i 12 mesi di monitoraggio, contro il 18% dei non trattati. Nelle Cap, invece, il 12% dei pazienti che hanno ricevuto claritromicina è andato incontro a un evento cardiovascolare rispetto al 7% di coloro nei quali il macrolide non è stato usato. Infine, nei pazienti con Aecopd è stata registrata un’associazione significativa tra claritromicina e mortalità cardiovascolare, assente invece nei soggetti con Cap. «Il legame non è stato evidenziato con altri antibiotici, e ciò suggerisce un ruolo specifico del farmaco studiato» ipotizza lo pneumologo, specificando che secondo l’analisi statistica la claritromicina causerebbe un evento cardiovascolare aggiuntivo ogni 8 pazienti con Aecopd e ogni 11 con Cap rispetto ai trattati in altro modo. I dati, tuttavia, devono essere confermati prima di cambiare l’approccio terapeutico nelle Cap e Aecopd. «Lo studio ha mostrato un legame tra due fatti, ma non ha stabilito un rapporto causa-effetto» puntualizza Schembri.
BMJ 2013;346:f1235

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