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LO STILE DI VITA

ATTIVITA' > MEDICINA GENERALE > LE PATOLOGIE PIU' FREQUENTI > COLESTEROLO ALTO

STILE DI VITA E PREVENZIONE

I dati epidemiologi mostrano che la metà della popolazione dei Paesi industrializzati presenta dei livelli di LDL circolanti tali da predisporre all’insorgenza di aterosclerosi.
La multifattorialità della dislipidemia e la prevenzione delle patologie ad essa correlata determina più campi d’azione. L’igiene di vita è la forma di prevenzione primaria. Prevenzione primaria significa prevenire l’instaurarsi della malattia. Ma cosa si intende per igiene di vita? Significa attuare delle condotte di vita, che diventeranno abitudini da mantenere nel tempo, come misure di prevenzione all’insorgenza delle patologie. L’organizzazione mondiale della Sanità è impegnata in tutto il mondo per promuovere l’educazione nelle scuole e nella persone a modelli di vita il cui fine è salvaguardare il proprio benessere psico-fisico. Questo significa fare dei programmi di
educazione alimentare, insegnare a controllare e mantenere il proprio peso corporeo, promuovere l’attività fisica, sottolineare l’importanza dell’astensione da pericolose abitudini come l’assunzione eccessiva di alcolici, far comprendere i danni che provoca il fumo. Si sottolinea ancora che l’alimentazione deve essere povera di colesterolo e di grassi animali saturi, mentre si dovranno privilegiare i grassi insaturi, deve essere ricca di cereali, vegetali, legumi, frutta e fibre. La sedentarietà è un’importante fattore di rischio! Purtroppo il nostro tipo di vita costringe l’organismo a lunghi periodi di inattività fisica. Condurre un’attività fisica richiede un grande sforzo di volontà e sacrifici che ci ripagheranno nel tempo. L’esercizio fisico aerobico aumenta la frazione lipoproteica HDL del 10%, riduce i trigliceridi di circa il 30% e gli acidi grassi, riduce i livelli di fibrinogeno, ha effetti benefici sull’ipertensione arteriosa lieve. E’ largamente dimostrato che praticare attività sportiva in maniera costante riduce il rischio di mortalità cardiovascolare. D’altra parte un bambino sedentario che aumenterà di peso, ha un’alta probabilità di diventare un adulto obeso.
In presenza di dislipidemia, non è sempre sufficiente seguire le regole sopra indicate, ma sarà necessario, come nel caso delle Dislipidemie Familiari, intervenire con sostanze farmacologiche.
E’ bene comunque sottolineare che una alimentazione corretta rende meno "cattive" persino le forme ereditarie.


DIETA NELLE DISLIPIDEMIE
Il primo approccio nei pazienti con dislipidemia è rappresentato dalla dieta, indipendentemente dal tipo di difetto metabolico. La terapia dietetica è necessaria anche nel soggetti in cui si ravvisa l'opportunità di somministrare farmaci ipolipemizzanti e dovrebbe essere continuata indefinitamente. In alcuni casi il solo trattamento con dieta è sufficiente a raggiungere i valori desiderabili di colesterolo e trigliceridi come consigliati dalle linee guida internazionali.
Gli effetti dei vari nutrienti sul livelli di lipidi e lipoproteine del plasma costituiscono la premessa fondamentale per il trattamento dietetico delle dislipidemie. Il colesterolo alimentare è strettamente correlato con i livelli plasmatici di colesterolo totale e di colesterolo LDL. L'incremento della colesterolemia attribuibile al colesterolo alimentare può essere valutato in circa 10 mg/dl per ogni aumento di 100 mg di colesterolo per 1000 calorie assunte giornalmente con la dieta. Gli acidi grassi saturi aumentano i livelli plasmatici di colesterolo, prevalentemente a carico della frazione LDL. L'effetto ipercolesterolemizzante degli acidi grassi saturi è pari a 2,7 mg/dl per ogni 1 % di calorie fornite da tali grassi. Ma l'intensità di azione varia a seconda della lunghezza della catena in ordine decrescente 14:0 (miristico) > 16:0 (palmitico) > 12:0 (laurico) > 18:0 (stearico). L'acido stearico, che è in gran parte rapidamente trasformato in vivo in acido oleico (18:1) ha un effetto sostanzialmente neutro sulla colesterolemia. L'effetto ipercolesterolemizzante di colesterolo e acidi grassi è sinergico, data la somiglianza del meccanismo d'azione . Gli acidi grassi monoiinsaturi, ed in particolare l'acido oleico, che è il principale componente dell'olio d'oliva, usati in sostituzione dei grassi saturi, riducono il colesterolo totale e la frazione LDL senza interferire con i livelli di HDL. Gli acidi grassi poliinsaturi della serie omega-3 (soprattutto l'eicosapeiitaenoico o EPA e il docosaesaenoico o DHA), particolarmente rappresentati negli olii di pesce e di altri animali marini, hanno un significativo effetto ipotrigliceridemizzante ed un più blando effetto ipocolesterolemizzante, prevalente a carico della frazione VLDL. Gli acidi grassi poliinsaturi della serie omega-6 (di cui il più noto è l'acido linoleico) hanno un rilevante effetto ipocolesterolemizzante; per ogni 1% delle calorie totali della dieta fornite dall'acido linoleico in sostituzione dei grassi saturi, la colesterolemia si abbassa di circa 5 mg/dl. Elevati quantitativi di acidi poliinsaturi possono però ridurre il colesterolo HDL e aumentare l'indice litogeno della bile almeno in alcuni soggetti.
I carboidrati, qualora vengano usati in sostituzione dei grassi saturi, aumentano i trigliceridi e riducono il colesterolo LDL e HDL.
L'effetto ipertrigliceridemizzante è meno pronunciato e transitorio se vengono usati carboidrati complessi digeribili (amidi) anziché zuccheri semplici (mono e disaccaridi).
Gli effetti del tipo di proteine assunte con la dieta sono controversi. Tuttavia in alcuni studi è stato dimostrato che le proteine vegetali (es. soia) sono in grado di ridurre il colesterolo LDL se usate in sostituzione delle proteine di derivazione animale (es. caseina).
L'alcool aumenta i trigliceridi ed il colesterolo HDL, mentre non modifica i livelli di colesterolo totale e della frazione LDL. Tra le fibre (carboidrati complessi indigeribili) quelle solubili contenute nella frutta, nella verdura e nei legumi (pectine, beta glucano, ecc.) riducono lievemente la colesterolemia e selettivamente il colesterolo LDL.
La gomma di guar, presente in alcune leguminose, è maggiormente efficace nel ridurre la trigliceridemia.
Le fibre insolubili (cellulosa, lignina) sembrano invece pressoché inerti per quanto riguarda il metabolisino lipidico.
L'eccessivo apporto di calorie, indipendentemente dal tipo di alimento considerato, può causare, oltre ad incremento del peso corporeo, anche ipertrigliceridemia e, sia pure in minor misura, ipercolesterolemia e ridotti livelli di HDL colesterolo.
Una dieta capace di ridurre i livelli di colesterolo nel plasma dovrebbe essere, quindi, il più possibile povera in grassi saturi e colesterolo; tali nutrienti possono essere sostituiti con grassi mono e poliinsaturi e con carboidrati complessi.
La composizione della dieta suggerita dalla Società Europea per l'Arteriosclerosi (EAS) per il trattamento dell'ipercolesterolemia è indicata di seguito.

I consigli dietetici dell'EAS




La composizione in nutrienti consigliata può essere raggiunta con semplici norme che consentano di consumare liberamente una notevole varietà di alimenti, riducendo sostanzialmente il consumo di carni di derivazione animale ed aumentando l'assunzione di carni bianche, pesce, frutta, verdure, legumi, cereali, olii vegetali (dieta qualitativa). E' inoltre opportuno che vengano fornite al paziente adeguate informazioni circa le modalità di preparazione dei cibi. Tali principi si ispirano alla composizione della dieta seguita dalle popolazioni delle regioni mediterranee e in particolare del Sud Italia fino agli anni 1950-1960 e che attualmente la popolazione del nostro paese sembra aver progressivamente abbandonato. E noto che gli studi epidemiologici ed in particolare il Seven Country Study hanno evidenziato una incidenza molto più ridotta di cardiopatia ischemica nel paesi dell'Europa Mediterranea rispetto al Nord Europa e agli USA.
Nel singolo individuo, la dieta ipocolesterolemizzante qualitativa va può ridurre stabilmente la colesterolemia dal 10%, al 20% senza diminuire significativamente il colesterolo HDL e senza rilevanti effetti, collaterali anche a medio-lungo termine. La dieta può essere personalizzata mediante l'uso di tabelle che indicano la composizione in nutrienti dei singoli alimenti.
Le misure dietetiche suggerite, pur essendo in grado di normalizzare la colesterolemia solo in parte dei soggetti suscettibili di trattamento, possono avere un impatto rilevante sulla mortalità coronarica da sole o in associazione ad un eventuale trattamento farmacologico.
Nei soggetti ipercolesterolemici che non rispondono entro 2-3 mesi in maniera soddisfacente al trattamento dietetico descritto, è giustificato tentare una ulteriore restrizione dell'apporto di grassi saturi e colesterolo contenuti in carni rosse, uova, latte intero e derivati.
Il lungo periodo di attesa consigliato prima di iniziare il trattamento farmacologico è giustificato in molti casi dalla latenza necessaria per ottenere un mutamento delle abitudini alimentari e possibilmente anche per un coinvolgimento del gruppo familiare.
Per quanto riguarda l'ipertrigliceridemia, il trattamento dietetico riveste una importanza ancora più spiccata, in quanto in molti casi è in grado da solo di normalizzare i livelli di trigliceridi plasmatici.
In pazienti con ipertrigliceridemia, accanto alle norme qualitative valide anche a ridurre la colesterolemia, di particolare importanza nelle forme di iperlipoproteinemia di tipo combinato, è di fondamentale importanza il controllo dell'apporto calorico totale al fine di ridurre gradualmente il sovrappeso che spesso si riscontra. È soprattutto necessario abolire o ridurre drasticamente l'apporto di alcool etilico e di glucidi semplici, tanto che in molti casi tale provvedimento è sufficiente a normalizzare la trigliceridemia.
Nei rari casi di chilomicronemia grave (Tipo 1, sindrome da deficienza di apo C-II), allo scopo di prevenire la complicanza pancreatitica, è necessaria la somministrazione di una dieta a bassissimo contenuto di lipidi (10% delle calorie totali); come condimento viene consigliato l'uso di olio MCT, composto di trigliceridi a catena media, che sono veicolati direttamente al fegato tramite il sistema portale, senza dar luogo a formazione di chilomicroni. Con questi provvedimenti è possibile mantenere la trigliceridemia al disotto dei 1000 mg/dl ed evitare le crisi pancreatiche.
In conclusione, la dieta rappresenta il principale presidio terapeutico nelle ipertrigliceridemie e nelle ipercolesterolemie di entità lieve e moderata ed una premessa indispensabile al trattamento farmacologico nel casi di ipercolesterolemia più rilevante. Qualora sia formulata in maniera semplice e senza eccessive restrizioni, la dieta ipolipidemizzante è, infatti, sostanzialmente priva di effetti collaterali e va continuata indefinitamente con il supporto di una adeguata informazione da parte del medico che ha il compito sia di motivare il paziente, sia di controllare periodicamente l'adesione al trattamento.


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