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ASPETTO VERBALE

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COMUNICAZIONE VERBALE

Noi usiamo moltissime parole con i nostri pazienti, però nessuno ci ha spiegato se ci sono delle strategie per dire delle cose che funzionano di più rispetto ad altre;  quindi ci siamo trovati, con un certo tipo di formazione, a lavorare con dei pazienti che sono completamente diversi dai pazienti  ospedalizzati e allora ognuno di noi si è creato una propria competenza comunicativa mettendo insieme quello che funzionava meglio. Il problema è che ognuno di noi ha un suo stile comunicativo e pertanto  ognuno una sua interazione con un paziente standard  (per es. signora giovane che ha la nausea ed è preoccupata di essere incinta);  potremmo osservare su 100 medici 100 modi diversi di intervistare il paziente. Quindi tutti noi stiamo già utilizzando delle strategie comunicative, ma nessuno ci ha aiutato a costruirle in maniera ordinata, efficace ed efficienti.  Queste strategie devono funzionare con il paziente e nel contesto in cui lavoriamo, perché una consulenza fatta in ambiente ospedaliero, o dedicato,  può durare un' ora una volta alla settimana per dieci settimane e non penso che sia possibile fare la stessa cosa in un setting di medicina generale.

Vi espongo i risultati che ci sono utilizzando tecniche comunicative:
1. Diminuiscono il contesto cognitivo che è un concetto chiave sulla relazione medico/paziente
2. Diminuiscono la percentuale di alti utilizzatori (i pazienti problematici comunque esistono sempre)
3. Diminuiscono il Dr. Shopping
4. Diminuiscono il famoso "ah dottore dimenticavo di dirgli……"
5. Diminuiscono le cause civili/penali (le assicurazioni americane fanno pagare un premio minore ai medici che seguono corsi di tecnica comunicativa)
6. La capacità diagnostica non cambia
7. Aumentano la comprensione del paziente per quanto riguarda il suo problema, ecc.
8. Aumentano la partecipazione al piano terapeutico
9. Aumentano le compliance
10. Aumentano le soddisfazioni globali (medico/paziente)
11. Aumentano la consapevolezza
12. Aumentano le strategie di sopravvivenza (gli inglesi chiamano quei pazienti che ti prosciugano "pazienti lavandino")

Concetti chiave delle tecniche comunicative:
1. Contrasto cognitivo
2. Agenda
3. Tecniche centrate sul medico e tecniche centrate sul paziente per parlare
4. Segnali che mandano i pazienti

CONTRASTO COGNITIVO
Mi soffermo sul contrasto cognitivo. Se ripensiamo a cosa  ognuno di noi ha fatto la mattina precedente prima di andare in ambulatorio  … dice  ha combattuto 20 minuti con il vestito, chi  ha mangiato, chi ha fatto quattro visite micidiali, chi  è andato in un negozio per una stampante, chi è tornato a casa a mangiare e poi è andato in ambulatorio, chi ha sentito il commercialista …. Quindi  bisogna  focalizzarsi sull'idea di cosa ci è successo ieri o l'altro ieri o cosa abbiamo mangiato a pranzo. Questo per capire che c'è un proprio assetto cognitivo, cioè  viviamo la nostra vita da medico (quello fatto ieri lo facciamo magari da 20-30 anni , non c'è molta differenza da un giorno all'altro) . Se chiediamo a un paziente che ieri era in studio, sicuramente non avrebbe nessun problema a dire come mai era in ambulatorio, inoltre è venuto preparandosi da lungo tempo,  a differenza di noi che ci svegliamo e andiamo a lavorare. Il paziente passa diversi stadi prima di decidere di andare dal medico (questo vale in generale per i pazienti che non vanno tutti i giorni dal medico). Intorno al sintomo (per es. : dolore ) il paziente crea una riflessione che lo porta a opinioni  (per es.: questo è lo stesso dolore che aveva mio zio prima dell'infarto),  preoccupazioni,  aspettative ( per es. mi posso curare da solo facendomi dare un farmaco dal farmacista senza andare dal medico, oppure si aspetta che il medico gli faccia un ECG o altro). A questo punto decide di andare dal medico dopo aver trovato tempo, modo e momento . Certi pazienti si fermano quà  perché non hanno più sintomi , altri si tengono il sintomo fino a quando non riescono ad andare alla consultazione . Questo è il mondo del paziente prima di venire in ambulatorio che è diverso dal nostro (ci svegliamo e andiamo in ambulatorio) . Se all ' interno della comunicazione tutto questo percorso non viene riconosciuto il paziente è insoddisfatto a prescindere dalla qualità e dalla bontà tecnica del nostro intervento. Noi possiamo fare la migliore diagnosi così come il migliore farmaco con dosaggio centrato , ma se in qualche modo non viene riconosciuto al paziente tutto questo lavoro, ma si rischia che il paziente sia estremamente insoddisfatto. Il paziente a questo punto può trovare soddisfazione nei maghi,  nella cartomanzia,  nella omeopatia e altro,  con percentuale di soddisfazione che va dal 75% all'85% . Tutto ciò crea il contrasto cognitivo,  perché il paziente arriva in ambulatorio con un ragionamento diverso dal nostro (l'approccio del medico è tecnico in quanto cerca sintomi, fa diagnosi e terapia,  mentre quello del paziente è esistenziale,  in quanto ha parlato con la moglie ha una certa opinione della malattia e inoltre ha aspettative e preoccupazioni).  Bisognerebbe riuscire a trovare una modalità in cui al paziente viene riconosciuto il suo modo di vivere il problema e al tempo stesso il medico deve proporgli un aiuto tecnico che venga riconosciuto dal paziente come un aiuto  (questo non vuol dire che dobbiamo lasciare parlare tre ore il paziente). Noi medici arriviamo in ambulatorio e ci sediamo, per la nostra formazione ospedaliera pensiamo che il paziente sia venuto per una diagnosi e pensiamo che abbia un problema,  mentre normalmente ne ha più di uno. Una cosa che si è vista nella soddisfazione del paziente è rappresentato dal fatto che possa esporre la sua agenda. Il fatto che il paziente vada dal medico e gli permette di “ dire “ , e già questo è correlato con un tasso più alto di soddisfazione. Lo studio presentato precedentemente  oltre a dire che il medico incomincia a parlare 18 secondi dopo, dice anche che quando si è provato a raccogliere tutta l'agenda del paziente (ci sono altri problemi, oltre al mal di gola e alla gastrite deve dirmi qualcos'altro, ecc.) il paziente, anche quello che parla di più, impiega in media 90 secondi ; quello che passa tra i 18 secondi e i 90 secondi sono 72 secondi i quali fanno una grossa differenza in termini di soddisfazione del paziente. Esiste una priorità dell'agenda determinata dal percorso che abbiamo visto prima: il paziente è preoccupato dal sintomo che in realtà non significa niente,  però è lo stesso di suo zio prima di morire d'infarto e lo dice per primo, poi magari non dà peso a un sintomo importantissimo, come per es. l'emottisi, mettendolo al 4° posto. Quindi la gerarchia dei sintomi senz'altro non è quella nostra ( molte volte però il sintomo più importante viene  sviato o sottovalutato per paura). Tutte le volte che il contrasto cognitivo è basso la comunicazione migliora, mentre se il medico dice che il paziente è malato e quest'ultimo non è d'accordo è ovvio che il contrasto cognitivo è alto determinando una comunicazione che tende a zero.
Qui c'è l'utilità, per noi medici, di avere gran parte del proprio lavoro con appuntamento. In questo modo si educa il paziente.

Per esplorare l'agenda del paziente bisogna fare delle domande brevi e precise:
1. Quanti anni ha e che lavoro fa
2. Con chi vive
3. Cosa fa nella vita
4. Quali sono i sintomi
5. Cosa ha fatto prima di venire da me
6. Perché è venuta adesso e non 10-30 giorni fa
7. Come interferiscono i sintomi in quel momento
8. La teoria del paziente
9. Cosa si aspetta (punture, ECG, altro)
10. Chi lo sta annullando in questo momento


Una persona che in genere ha esperienza di tecnica comunicativa può fare queste domande nei famosi 5 minuti dedicati al paziente.


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